Vai ai contenuti
Elisabetta Liberatore 2021
LAGUNANDO 2021 > selezionati 2021
Già presente edizione:
2020

2019


Nasce, vive e lavora a Pratola Peligna in Abruzzo.
Ha pubblicato “Dissolvenze e altri frammenti” Albatros Editore, ottenuto con un premio podio quale pubblicazione gratuita.
Pluripremiata in tutta Italia, è presente in antologie, siti web e blog.
LEGGERE LAGUNE
POESIE
Angolature


Mentre attendo
che un tempo irredimibile
come un debito usuraio
volga o capovolga le sue avance
a braccia conserte sosto sul ciglio.
Come un amante distratto
tu segui la tua gravità,
nelle spire di flussi ascensionali,
misuri la carica
un attimo prima di ogni battaglia.
Io resta sospesa
come un’istantanea,
ascolto la materia fibrosa dei pensieri
senza cercare risposte,
dipano matasse di parole
installate nelle viscere.
Si prepara il cerchio equinoziale
nel segreto delle zolle,
affila le sue armi,
sotto la corteggia la coscienza
della luce si prepara.
Ora pioviggina
e un cielo di marmo
sgocciola residui di ossidiana.
Siamo tutti parte
di questa trasmutazione inclemente,
tutti,
ineluttabilmente.
Le ragioni del silenzio


In questa lucentezza immobile
d’acquario svuotato e candido,
dalle zolle, dalle viscere scure del transito
siamo in tanti,
appostati come stormi in attesa,
nei retropensieri delle incertezze,
gualciti da un sonno ottuso,
testimoni muti di questo enigma
che farnetica stagioni assenti
e dirotta preghiere nel viola che tace.
Recede dalle trame nude dei ciliegi
un’ombra, la dolcezza sfumata
della trasmutazione imminente,
negli sguardi turbinio di nevischio,
lacerti di gelo
e un silenzio ovattato
come di creatura violata
dopo un alterco.
Avvallano nebbie,
nel carnico lucore della pietra
un cielo ambiguo è colmo di solitudine.
In questo chiarore di acquitrino
ascolto la ragioni del silenzio,
dono il mio eloquio
alle sue profondità muschiose,
ne decifro ogni senso.
Nei silenzi tra le parole


In queste ore a precipizio
sul cortile immolato al silenzio
la tua figura immota distesa
è un orizzonte arreso alla polvere
fermo in un’aria senza nome.
Estingui nelle anestesie del sonno
lo strappo aperto sulla chiglia,
precipiti oltre il tramonto
la nostalgia o la sua penombra
e questo delirio senza profeti
di congegni avariati.
Io vigilo nei silenzi tra le tue parole
e ascolto i resti sfiniti dei giorni
disabitati e stanchi,
da profondità prone
intreccio suoni come una rete
istoriando il buio
come fosse una fiaba.
Nel tuo sguardo sommerso
tace la nostra costellazione,
frana in verticale da altezze dormienti,
con inestinguibile diligenza
raduno i resti di quest’offerta,
intreccio i fili di questa trama canuta,
do un nome a ogni tessera.
Premonizione


Ancora ci appartiene
questo racconto interminato
lungo come un eco che mai giunge al limite
e scivola ancora e ancora
sulle grandi dune dell’anima.
Nulla è certo tranne
questo tempo mai giunto,
le larghe pause cinerine di giorni in declino
e una lunga parabola
che risorge da cupi fondali
e replica l’ondata di storno
di contumacie aspre e vili.
Siamo come semi che soffrono
la terra nera, fradicia e fredda
e in sonni incerti imprecano
una redenzione che attende nell’ombra.
Vivremo quest’avaria che chiude il respiro
come un romanzo indecifrato
un oscuro pedaggio di stagioni spaccate
ridotte a gusci vuoti,
a finestre aperte su cortili chiusi.
Resteremo come vagabondi
addossati a fissare la vampa incerta del fuoco,
onde incerte su spalti roventi,
vortici di creature eterne
che trasfigura lo spazio,
una penombra accesa come lama rovente.
Immergo lo sguardo in ritmi ipnotici,
nell’aria è sempre novembre.
Pulsazioni pomeridiane nella valle


Sosto sul ciglio dei tetti,
smarrita nella penombra,
come un arciere in posa
a vegliare l’occasione
nelle ore che si accalcano livide,
tramando sul fondo.
Passo dopo passo
cala sul silenzio delle valli
l’ultimo bagliore,
scivola sui fianchi,
rosseggia sulle voci smorzate,
lungo le ripe rocciose
di quest’abbraccio di guglie
che cinge e separa,
volo e precipizio
sulla nostra carità impervia.
L’ oscurità gocciola a grani,
apre brecce di viola
su speranze sospese,
su questo nostro espiare silenzioso
mentre una luce diaccia
s’accuccia sul tavolo
tra la pagina e i miei pensieri
e un brivido corre sugli spigoli
dalla radice, mozza il respiro.
Siamo ancora tra chi si attarda
indugiando sulla soglia,
in posa sulle righe,
tra chi si stringe intorno alla fiamma,
armeggia parole,
prepara nuove vigilie.
Torna ai contenuti